Nel 2014 si è concluso il “progetto Timmel” che ha permesso al Consorzio Culturale del Monfalconese di acquisire e restaurare l’intero ciclo pittorico che il pittore triestino realizzò nel 1921 per il teatro del rione di Panzano, quello che i più anziani ricordano come “il teatro del Cantiere”.
Grazie alla disponibilità di Paolo Marangoni, figlio di Tranquillo, che desiderava che i dipinti rimanessero a Monfalcone e fossero “restituiti” alla città e al territorio, il CCM, con il sostegno dei nove Comuni del Monfalconese, acquisì i dodici dipinti e avviò immediatamente gli indispensabili interventi di recupero e restauro. Per questi interventi sono stati fondamentali i contributi assicurati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e dall’Amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia.
Le opere del pittore triestino erano state considerate perdute per decenni, dopo che il teatro, danneggiato dai bombardamenti alleati del 1944-45, era stato completamente demolito per fare spazio a nuove strutture produttive del cantiere navale.
Di conseguenza furono grandi la sorpresa e l’emozione quando, nel 2000, fu chiaro che i dipinti non erano stati distrutti, ma anzi erano stati conservati proprio a Panzano, all’ultimo piano di un edificio in cui avevano trovato spazio lo studio dello xilografo Tranquillo Marangoni e, prima ancora, la sala di posa del fotografo Giovanni Cividini.
Una coincidenza incredibile: proprio di Giovanni Cividini erano infatti le foto – di cui il Consorzio Culturale del Monfalconese conserva ancora i negativi su vetro – che documentavano l’interno del teatro appena costruito, unica traccia visiva delle opere di Timmel.
VITO TIMMEL
[Vienna 1886 – Trieste 1949]
Figlio di padre tedesco e di madre italiana, Vito Timmel ancora bambino si trasferisce insieme alla sua famiglia a Trieste.
Lì frequenta tra il 1901 e il 1905 la Scuola per Capi d’arte, seguendo le lezioni di Eugenio Scomparini. Ritorna a Vienna per iscriversi alla Kunstgewerbeschule e quindi all’Accademia. Insoddisfatto degli insegnamenti che gli vengono impartiti, decide di abbandonare gli studi. Il soggiorno viennese è comunque importante per la sua evoluzione artistica: la sua pittura inizialmente indirizzata verso modelli del verismo italiano, rivisitati secondo uno stile postimpressionista di scuola tedesca, si volge al simbolismo e allo stile secessionista. L’arte di Klimt, presente anche alla Biennale veneziana del 1910, lo colpisce particolarmente.
I pannelli che realizza nel 1913 per il Cinema Italia di Trieste, risentono della suggestione dell’arte della Secessione viennese e del simbolismo nordico, di Klimt e di Hodler, cui si aggiungono influenze della grafica giapponese e di Toorop. Durante la prima guerra mondiale si reca a Radkersburg, dove decora l’interno del locale teatro con uno stile espressionista tendente al caricaturale e in uno spirito narrativo che comporta l’inserzione di brevi frasi, definizioni, incisi tra le figure. Ritornato a Trieste, espone regolarmente alle rassegne d’arte regionali. Alla pittura alterna l’attività grafica e cartellonistica.
La decorazione del teatro di Panzano che realizza tra 1920 e 1921, riassume le varie espressioni e i diversi stili sino ad allora sperimentati. Con il passare degli anni egli accentua l’aspetto simbolista della sua arte soprattutto per quanto riguarda i soggetti e i contenuti rappresentati nei suoi dipinti. Il suo stile diventa poi quasi divisionista, puntellinista, ad esprimere un’atmosfera fantastica e surrealista. Negli anni Trenta la sua salute psichica si aggrava e abbandona l’attività espositiva. Continua sempre a dipingere le sue visioni incantate e irreali, paesaggi fantastici e personaggi puramente spirituali.
Contemporaneamente inizia ad annotare pensieri, disegni, impressioni nel suo “Magico taccuino”, un diario intimo dove la scrittura ‘ possiede il medesimo potere evocativo della sua pittura. Muore all’ospedale psichiatrico di Trieste il 1° gennaio del ’49.